Come si mette Obama con le controprove sulle colpe di Assad?

Condividi questo articolo?

Di Salvo Barbagallo

Pubblicità

 

Come la mettiamo se le dichiarazioni dell’insegnante belga Pierre Piccinin, compagno di prigionia del giornalista del quotidiano “La Stampa”, Domenico Quirico, sono più vere delle “prove” che Obama ostenta sull’uso del gas Sarin in Siria? Piccinin afferma, e lo dice “per un dovere morale”, che “Non è il governo di Bashar al-Assad ad avere utilizzato il gas Sarin o un altro gas nella periferia di Damasco”. Affermazioni di una gravità estrema, vista la situazione attuale, dove a un cenno del presidente USA si può scatenare l’inferno. Un inferno che non coinvolgerebbe solo la Siria, ma alleati e “amici” degli Stati Uniti, partecipanti o no all’annunciato attacco, poco importanza avrà. Pierre Piccinin ha fatto le sue dichiarazioni alla radio “RTL-TVi”, dicendo di avere sorpreso in proposito, insieme a Domenico Quirico, una conversazione tra ribelli. È chiaro che la magistratura belga, così come quella italiana, approfondiranno la delicata questione. Quirico sarà interrogato nell’ufficio del procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo assistito dai pm Francesco Scavo e Sergio Colaiocco. Sul caso a Roma è, infatti, aperto un fascicolo nel quale si ipotizza il reato di sequestro di persona con finalità di terrorismo.

Pubblicità

Domenico Quirico e Pierre Piccinin, nel corso dei cinque mesi di prigionia da parte dei ribelli, in Siria, hanno cercato di fuggire due volte: sono stati ricatturati e puniti ”in maniera molto pesante”. Non solo: come ha affermato l’insegnante belga, Domenico Quirico ”ha subito due false esecuzioni con una pistola”. Per lo studioso e il giornalista “un’odissea terrificante attraverso tutta la Siria: siamo stati trasferiti molte volte in diversi posti”, ha raccontato Piccinin:  “Non era sempre lo stesso gruppo che ci teneva prigionieri, e questi gruppi erano molto violenti, molto anti-occidentali e islamici anti-cristiani”.

Se le dichiarazioni dell’insegnante belga corrispondono alla realtà (ma chi può dimostrare il contrario? E lo stesso discorso vale per le presunte “prove” di Obama), la “Questione Siria” dovrebbe essere riveduta dalla “a” alla “z”, ma probabilmente non sarà così: la terrificante macchina bellica è stata messa in moto, ed ora fermarla costituisce un problema più grande dell’avvenuto avvio.

Obama per l’intervento in Siria ha programmato una missione che corrisponde a una operazione chirurgica: di breve durata, ma efficace grazie ad una pioggia di missili su obiettivi prefissati. Sarebbe stato ipotizzato il lancio di trecento missili sul territorio siriano per colpire basi – si è sostenuto e si sostiene – esclusivamente militari per far “capire” ad Assad che gli Stati Uniti d’America fanno seriamente. Quali ragioni “vere” stanno animando questo stato di cose? Tante, le ragioni, più semplicemente si potrebbe affermare che l’interrogativo posto da Papa Francesco “Le tante guerre in giro per il mondo sono davvero per problemi o per vendere le armi?”, più che un interrogativo è una constatazione di fatto. Nelle guerre ci guadagna è sicuramente il fabbricante d’armi, e se non ci fossero le guerre gli stabilimenti resterebbero chiusi. La “pace” produce poco, in termini di utili.

Si è ipotizzato un attacco con missili, quello che potrebbe essere maggiormente utilizzato è il missile cruise, che costa relativamente poco (un Tomahawk costa circa 1 milione di dollari) e non ha bisogno di infrastrutture particolarmente complesse per essere messi in opera. I conti sono presto fatti: 300 missili, trecento milioni di dollari, poco in confronto ai costi di mantenimento di una flotta che se ne va in giro per il mondo in attesa: un giorno di navigazione della portaerei USA “Nimitz”, che fa parte della Flotta statunitense schierata per l’attacco alla Siria, costa, invece, ben sette milioni. Chi vuol essere aggiornato sui “costi” legga “La Stampa” di oggi, che li riporta tutti dettagliatamente.

Possiamo sbagliarci, ma siamo convinti che Obama non farà un passo indietro, dopo le dichiarazioni dell’insegnante belga rapito dai ribelli siriani: le parole di Piccinin non lo impressioneranno più di tanto, se non è stato minimamente scalfito dalle minacce di Putin che ha sostenuto che appoggerà Assad in caso di attacco a Damasco. Così è, se vi pare…

Potrebbe interessarti

Leave a Comment

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.